martedì 23 agosto 2011

Victor Lebow, the smoking gun (ovvero l'invenzione dell'inventore del consumismo)





                                          Non è accaduto per caso... è stato fatto accadere!
                                          Annie Leonard “The Story of Stuff”

Victor Lebow era morto ormai da undici anni, e dimenticato da qualcuno in più, quando riapparve nella forma, folgorante, di una citazione in un libro pubblicato nel 1991, How Much Is Enough? The Consumer Society and the Future of the Earth, che Alan Thein Durning scrisse mentre lavorava come ricercatore per il World Watch Institute: in Lebow dovette credere di scorgere il pifferaio magico che cercava.

All’inizio della società del benessere che seguì la fine della Seconda Guerra Mondiale, un analista americano specializzato nell’economia della distribuzione, proclamò: "La nostra enorme capacità produttiva (…) ci chiede di fare del consumismo il nostro stile di vita, di convertire l’acquisto e l’uso di beni in rituali, di ricercare la nostra soddisfazione spirituale, la soddisfazione del nostro ego, nel consumismo (…) Abbiamo bisogno che le cose siano consumate, distrutte, scartate e rimpiazzate sempre più velocemente.” Gli americani hanno risposto alla chiamata del signor Lebow, e gran parte del mondo li ha imitati. [Il grassetto è mio]

Nel 2005 la stessa citazione con le medesime omissioni, fatta erroneamente risalire al 1948, ricomparve in Capitalism as if the world matters di Jonathon Porritt il quale, nel dichiarare che il suo autore era stato uno dei più creativi analisti dell’economia della distribuzione nel periodo post bellico, notò come ciò che in essa possa oggi risultare shockante dovette apparire visionario e progressista all’epoca in cui furono scritte. Lebow si stava avviando a diventare la pistola fumante.
Due anni dopo furono i trenta secondi che Annie Leonard impiega in The Story of the Stuff  http://video.google.com/videoplay?docid=-2138416794381091301 per citare le stesse frasi, sempre con le stesse omissioni, a consacrarlo definitivamente tale.

Come è potuto accadere? Non è accaduto per caso … lo si è fatto accadere!
Appena dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale questi tizi cercavano di immaginare come far galoppare l’economia. L’analista Victor Lebow elaborò la soluzione che diventò la norma per tutto il sistema. Disse: "Le nostra enorme capacità produttiva (…) ci chiede di fare del consumismo il nostro stile di vita, di convertire l’acquisto e l’uso di beni in rituali, di ricercare la nostra soddisfazione spirituale, la soddisfazione del nostro ego, nel consumismo (…) Abbiamo bisogno che le cose siano consumate distrutte, scartate e rimpiazzate sempre più velocemente.”
E il capo dei consiglieri economici di Eisenhower disse che: “Lo scopo ultimo dell’economia americana è produrre più beni di consumo” 

Negli anni seguenti la citazione è stata ripresa da più parti, tradotta in innumerevoli lingue, ostentata come la prova lampante dell’esistenza di una mente che nella seconda metà degli anni Quaranta del secolo scorso avrebbe elaborato e messo in pratica strategie di seduzione capaci di soggiogare l’umanità con le nuove armi del marketing e della pubblicità. Citando Lebow si dimostrava in via definitiva il cinismo con cui il capitale avrebbe scelto di rendere gli uomini prigionieri, modificando la loro natura in quella di consumatori compulsivi, felici prigionieri di bisogni inesistenti, soggiogati da desideri distillati con sapienti artifici nei loro cervelli sin dalla nascita. 
Sono scarse le notizie di Victor Lebow facilmente reperibili: Wikipedia, nella versione in inglese, non riporta né le date né i luoghi di nascita e morte, fornendo poche note biografiche riprese dalle pagine iniziali di Free Enterprise: The Opium of the American People, libro scritto da Lebow nel 1972, dalle quali sappiamo che fu funzionario, dirigente e direttore di grandi corporation, che aveva reso una testimonianza di fronte alla Senate Small Business Committee nella sua indagine sulla libera concorrenza e che alla data di pubblicazione del libro aveva funzione di co-presidente nel Seminario in Economia della Distribuzione presso la Columbia University.
In compenso Wikipedia ci informa che l’articolo da cui è stata tratta la ormai famosa citazione si chiama Price Competition in 1955, che fu pubblicato nella primavera di quell’anno sul Journal of Retailing, e che non c’è accordo sul fatto che Lebow intendesse effettivamente incoraggiare e prescrivere il consumismo piuttosto che riconoscerlo e criticarlo come atteggiamento prevalente presso i consumatori americani.
Il titolo del libro da cui sono tratte le note biografiche genera in effetti qualche sospetto e rileggendo la citazione astraendola dai contesti in cui viene riportata si scopre che le si potrebbe facilmente attribuire un intento descrittivo piuttosto che prescrittivo. Un’ipotesi che viene confortata dal fatto che l’articolo da cui è stata tratta è decisamente più tardo rispetto al periodo in cui si stavano definendo le strategie economiche post belliche: nel 1955 in America il consumismo era già un modo di vita di massa.
La tesi che veniva sostenuta in Price competition in 1955 (http://hundredgoals.files.wordpress.com/2009/05/journal-of-retailing.pdf ) era che la piccola distribuzione (la GDO anche negli Stati Uniti era ancora da venire) si trovasse in quegli anni sotto l’attacco dei grandi produttori che, se da un lato erano impegnati a porre ogni ostacolo possibile alla concorrenza per cercare di guadagnare vantaggiose posizioni monopolistiche, dall’altro auspicavano una razionalizzazione del sistema distributivo che, gravando per il 70% sui costi finali dei prodotti, limitava la possibilità di acquisto da parte dei consumatori finendo per frenare le enormi capacità produttive che l’industria aveva ereditato dal periodo bellico.
In questo processo il nascente sistema pubblicitario, che invitava a perseguire standard di vita sempre più elevati per tenersi al passo con i propri vicini (Keeping up with the Joneses), costringeva i produttori a una omologazione dei prodotti su livelli più elevati di qualità con una conseguente perdita di identità per le marche e una erosione della fedeltà dei consumatori. Ogni marca era costretta a cercare di posizionarsi più in alto a prezzi di vendita più alti ma questo trovava un limite nel costo della distribuzione che diventava il limite della crescita della produzione.
All’epoca negli Stati Uniti esistevano circa 25.000 marche pubblicizzate e oltre 200.000 fra piccole marche regionali o legate a piccole imprese commerciali che erano minacciate dall’incombente potere della TV: stava per iniziare, in nome del consumo crescente, il genocidio delle piccole marche e delle produzioni locali: un fenomeno che avrebbe investito l’Europa e l’Italia un decennio più tardi.
Lebow per certi aspetti anticipava, in un articolo tecnico su una rivista di settore, alcune idee che sarebbero state riprese pochi anni dopo da Galbraith in The Affluent Society.
Da Alan Thein Durning in poi Lebow è stato la risposta sbagliata a una domanda sbagliata. Annie Leonard trasforma rapidamente la giusta domanda “come è potuto accadere?” in “da chi è stato fatto accadere?” scambiando cioè la ricerca delle cause in quella dei colpevoli. Questo slittamento ha degli indubbi vantaggi dal punto di vista di chi lo compie: semplifica enormemente il lavoro di ricerca e assicura la complicità del lettore a cui è consentito di sentirsi vittima di una cospirazione piuttosto che colpevole, come tutti noi, di una colpa banale, quella di cercare di vivere nella maniera più comoda e pertanto spesso dimentica della personale responsabilità nei confronti della società e del pianeta.
Nel necrologio apparso sul New York Times del 27 agosto 1980 Lebow viene ricordato come un esperto di marketing e un attivista dei diritti civili.
Anche la mente meglio addestrata all’esercizio critico della scienza finisce spesso per sottoporre a critica insufficiente i fatti che sembrano dargli ragione.



2 commenti:

as ha detto...

Interessante e dettagliata ricerca.
Ho trovato recentemente questa citazione in un testo di geografia per le scuole superiori: mi sembrava abbastanza chiaro che fosse critica o che, come minimo, descrivesse senza prendere posizione.

Anonimo ha detto...

Sto facendo una minni ricerca su Victor Lebow, e questo è uno dei pochi blog, che hanno trattato la sua figura in modo non superficiale.
Se può interessarvi, durante le ricerche ho trovato anche una lettera, che un certo Victor Lebow avrebbe mandato a Martin Luther King: http://www.thekingcenter.org/archive/document/letter-victor-lebow-mlk . Se questo Victor Lebow è lo stesso Victor Lebow, che ha scritto "The price Competition in 1955"? è chiaro che se non era già allora contro il consumismo, lo è stato sicuramente più tardi.