venerdì 22 luglio 2005

La triste sparizione del melone bianco

Salvatore Bufi, cuoco in Molfetta e amico di vecchia data, qualche giorno fa ha portato alla mia attenzione un increscioso fenomeno: è sparito il “melone bianco”.
Si tratta della insipida occorrenza del Cucumis citrullus vulgaris, quello che volgarmente è detto “melone rosso” nel territorio di quello che fu il Regno di Napoli (ma zi pàrrucu in Calabria), “cocomero” nello Stato pontificio e in Toscana (con la variante credo senese di “popone”) e “anguria” nel resto d’Italia.
Molti non mancheranno di ricordare il ritornello, in verità poco elegante, di una canzone cantata da Carosone. E qualcuno, forse, saprà come gli ambulanti specializzati nella vendita della cucurbitacea in questione girassero i paesi del Sud invitando all'acquisto “alla prova”: assaggia, se è dolce lo prendi altrimenti ne apro un altro.
Il rischio della fregatura c’era e, se si comprava da chi non consentiva l’assaggio, da queste parti si ricorreva a espedienti che, più che altro, parevano riti scaramantici: c’era chi il frutto lo agitava e chi ci tamburellava sopra con le dita, altri preferivano stimare la resistenza della scorza premendo sul gambo col pollice, altri ancora auscultavano il frutto panciuto come fosse il ventre di una donna gravida. Alla fine tutti compravano affidandosi alla buona sorte.
Tutto questo appartiene ormai il passato. Opportune iniezioni di saccarina e colorante rendono tutti i meloni rossi e dolci e così, quando compriamo il nostro melone, magari prelevandolo da un bancone frigorifero già opportunamente tagliato in porzioni ragionevoli e avvolte nel domopack (e dalli: vedi post precedente), non dobbiamo temere fregature.
Unico inconveniente: i frutti risultano meno profumati. Ma anche quest’ultimo aspetto non è un problema: altro fenomeno dei nostri tempi è la tendenza alla sparizione degli odori o comunque a un loro forte ridimensionamento e “riposizionamento” nell’equilibrio delle nostre percezioni e rappresentazioni del mondo.
Il profumo di gelsomino utilizzatissimo nell’Ottocento e in Oriente da noi non viene più estratto dallo Jasminum officinalis troppo intenso e carnale ma dal Trachelosmermum jasminoides assai più delicato e banale.
Chi pensa che la sparizione del melone bianco possa essere considerato un fatto positivo sbaglia. Il melone bianco ci ricordava che la vita è fatta di rischi e che si può anche perdere se si gioca.
È la “disneylandizzazione” della realtà (o se preferite la prevalenza del principio del piacere su quello di realtà) che passa attraverso la sua sparizione. È una cosa triste.

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